Tenendo conto delle specificità che, per via della storia plurimillenaria, contraddistinguono la toponomastica della città di Roma, il presente scritto si propone di mettere in luce i nomi della rete viaria romana che si riferiscono all’acqua. Le prime pagine sono dedicate a chiarire l’oggetto d’esame: non il nome dei fiumi o dei mari né dei laghi; non l’acqua richiamata in antichi nomi familiari; né quella delle fontane che di per sé potrebbero essere asciutte e non necessariamente contengono l’acqua. Per questa strada negativa che procede per esclusioni, si paleserà così un manipolo di strade che invece effettivamente richiama il vitale elemento liquido, difficile a contenersi, che sa trovare da sé una strada non costretta, sfugge, appare e riappare seguendo una propria ragione non umana.
Abstract – English
Taking into account the specificities that, due to millennia of history, distinguish the toponymy of the city of Rome, this paper aims at highlighting the names of the Roman road network which refer to water. The first pages are devoted to clarifying the object of examination: not the name of rivers or seas or lakes; not the water referred to in ancient family names; nor that of fountains, which in themselves may be dry and do not necessarily contain water. Along this negative path which proceeds by exclusion, a handful of roads will thus appear, recalling the vital liquid element, difficult to contain, which knows how to find its own unconstrained way, which escapes, appears and reappears following its own non-human reason.
Indice
1. Introduzione, p.4.
2. Mutamenti toponomastici legati alla storia della città, p. 5.
3. Criteri seguiti nella toponomastica contemporanea, p. 6.
4. “Antico” in senso classico e “antico” in senso moderno, p. 7.
5. Criteri toponomastici dopo l’unità d’Italia, p. 9.
6. Il riferimento all’acqua nei nomi delle strade romane, p. 10.
7. Varie classi di toponimi viari contigui al tema dell’acqua ma non rilevanti. Nomi di fiumi, di laghi, di mari, p. 11.
8. Acqua contenuta nei cognomi, p. 14.
9. Acqua nei nomi dei borghi, p. 15.
10. Acque eponime di Roma, p. 16.
11. Acqua acetosa, p. 17.
12. Acqua Mariana, p. 20.
13. Acqua Bullicante, p. 21.
14. Acqua Felice,p. 22.
15. Acqua Marcia, p. 23.
16. Acqua Paola, p. 23.
17. Acqua Santa, p. 24.
18. Acqua Vergine, p. 24.
19. Acque Salvie, p. 25.
20. Acquafredda, p. 27.
21. Acqua Traversa e altre acque eponime minori, p. 27.
22. Infine: considerazioni residuali sugli acquedotti e i tre fiumi romani; il Lungotevere, p. 30
Bibliografia, p. 34.
a. Saggi, articoli e monografie, p. 34.
b. Atti pubblici del Comune di Roma citati e relativa sitografia, p. 34.
c. Altri siti web citati, p. 37.
Abstract – italiano, p. 39.
Abstract – English, p. 39.
Il riferimento all’acqua nella toponomastica viaria della città di Roma
di Giuliana Scotto
1. Introduzione
Le considerazioni che seguono in apertura, apparentemente non pertinenti rispetto al tema prescelto, sono funzionali per illustrare, nelle pagine che seguiranno, di quale acqua contenuta nei nomi delle strade di Roma intendo parlare e per tagliare al meglio l’oggetto di questo mio testo.
Accostarsi alla città di Roma sotto il profilo toponomastico presenta alcune difficoltà legate alle caratteristiche peculiari, pressoché uniche di questa città. Innanzitutto, il fatto che Roma abbia una storia di quasi tremila anni reca con sé inevitabilmente che il suo assetto urbano e, per conseguenza, la denominazione dei luoghi, sia stata e sia tuttora soggetta a mutamenti che, nel corso di un tempo di permanenza così lungo, nella prospettiva odierna ci sembrano incessanti, per cui non è raro che su un medesimo luogo si appuntino tante denominazioni diverse che si sono avvicendate sostituendosi l’una all’altra. Per molti luoghi romani ciò costituisce un fenomeno quantitativamente così rilevante che servirebbero molte pagine e un approfondito studio ad hoc per delineare in modo esaustivo la storia del nome di una singola strada o piazza. Il presente scritto non intende misurarsi con un compito del genere, invero troppo vasto per i limiti di questa breve riflessione. Nondimeno, anche all’interno di tali limiti, è inevitabile fare i conti con la dimensione diacronica che segna – anche – i mutamenti di ordine toponomastico caratterizzanti questa città così particolare.
2. Mutamenti toponomastici legati alla storia della città
I cambiamenti possono cogliersi da diversi punti di vista. In ogni tempo lo sviluppo dell’area urbana di Roma, il cui territorio è ancora in espansione[1], ha implicato di dover assegnare nuovi nomi a località (vie, strade, piazze ecc.) emerse dall’indistinzione di vasti campi e/o terreni praticamente disabitati. Ciò è stato vero non soltanto in età antica, ma anche per molti quartieri sorti in varie tappe soltanto nell’ultimo secolo: EUR; Tuscolano, Tor di Quinto, Casalpalocco, Infernetto, Monte Mario, Corviale, Fonte Meravigliosa e così via[2]. Tuttavia i cambiamenti toponomastici sono avvenuti non soltanto sotto il profilo delle necessità di denominazione sorte con l’ampliamento della superficie cittadina. Lungo millenni di storia le modifiche urbanistiche in molti casi hanno anche riguardato l’alterazione degli insediamenti preesistenti, con soppressione di aree, strade o edifici ed eventualmente loro rifondazione. Inoltre, occorre tener conto che, per quanto riguarda Roma, a fasi gloriose di crescita durante i secoli dell’antichità sono succeduti momenti di contrazione, in cui la città ha perduto una larga fetta di popolazione e le aree disabitate sono cadute in rovina; per cui prima o poi è stato necessario risistemare queste ultime, e, se – come può accadere più facilmente in società non alfabetizzate – non se ne sono serbati nella loro forma esatta i nomi originari, l’esito è stata una nuova denominazione, oppure una storpiata che del nome antico mantiene in sé soltanto l’eco[3].
3. Criteri seguiti nella toponomastica contemporanea
Oltre a questa complessità di ordine per così dire cronologico, ve n’è un’altra in senso sincronico che per l’oggetto di questo scritto va riportata al momento attuale. La città di Roma copre ormai un’area molto vasta [4] e, nell’inarrestabile progettazione e realizzazione di nuove zone abitate cui si assiste da diversi decenni, si pone la questione di come chiamare i neonati insediamenti e la relativa rete viaria. A tale riguardo e soprattutto nei quartieri di più recente costruzione può osservarsi nei relativi toponimi un criterio che in realtà viene seguito da lungo tempo e che corrisponde alle scelte dell’amministrazione comunale la quale ormai da diversi decenni procede alle innovazioni urbane mediante piani regolatori. Tale criterio impiegato nell’assegnazione dei nomi produce come risultato una tendenziale omogeneità tematica che caratterizza intere porzioni di territorio, spesso coincidenti con l’intero quartiere: per cui abbiamo aree le cui vie richiamano il nome dei monti [5] o di fiumi[6]; altre dedicate a insigni giureconsulti [7] o ecclesiastici[8]; altre ancora alle capitali europee[9], altre a nomi di alberi e nomi di fiori [10] ecc.
4. “Antico” in senso classico e “antico” in senso moderno
Ma per orientarsi in una città così vasta e antica, e tenendo conto di quanto considerato sin qui sugli aspetti cronologici, possono osservarsi diversi piani su cui le varie scelte di toponomastica incidono e hanno inciso, interagiscono e hanno interagito, spezzando talvolta questa omogeneità tematica che salta agli occhi in molti quartieri, rioni e porzioni di municipi romani. Essendo Roma molto antica, abbiamo infatti un certo numero di luoghi che mantengono il nome dato durante l’età classica il quale resiste alle vicissitudini amministrative riguardanti la città[11]. Si tratta di strade consolari e non: per esempio Appia, Aurelia, Nomentana[12], Vico Jugario, Clivo Argentario[13]; ma anche di rioni e quartieri: Quirinale, Celio, Viminale[14]. In qualche caso il nome coincide con quello originario latino (Appia, Aurelia, che nel femminile sono rimasti invariati nell’italiano); in qualche altro caso il nome attuale, ancorché diretto erede della parola latina, ha subito leggere modifiche fonologiche e morfologiche nel passaggio all’italiano: per esempio da Viminalis > Viminale e da Caelius > Celio.
Ma legate a nomi antichi sono anche moderne vie e piazze che prendono il nome da cose notevoli, per esempio richiamando monumenti e luoghi del mondo classico sopravvissuti sino a noi: si pensi a via e piazza del Colosseo, via di Monte Tarpeo, via del Tempio di Giove[15].
Tuttavia quando a Roma parliamo di “nomi antichi” non possiamo limitarci a quelli della storia gloriosa di questa città sino alla caduta dell’Impero romano d’occidente. Abbiamo infatti una serie di nomi i quali, pure attribuiti in tempi assai remoti, tuttavia risalgono alla nostra identità moderna, segnata dalla fine del mondo pagano e l’inizio del Medioevo. Alcuni di essi in effetti sarebbero poi scomparsi, come il Monte Vaccino (l’attuale Foro Romano) e il Monte Caprino (l’attuale Campidoglio), così chiamati a testimonianza, per un lungo periodo, della loro misera destinazione a luoghi di pascolo[16], per poi – a causa di ragioni storiche diverse – essere rimpiazzati da formule più solenni. Altri nomi invece, pur non risalenti al mondo classico, hanno tuttavia resistito lungo i secoli, come quelli affibbiati durante i grandi lavori di ristrutturazione del volto della città compiuti dal Rinascimento sino a Barocco inoltrato. Tali nomi rievocano mutamenti non soltanto intercorsi nell’urbanistica, ma anche motivati dal nuovo utilizzo cui vengono assoggettati i vecchi percorsi. Per quanto riguarda la prima tipologia, si pensi alla risistemazione di vie come la Giulia che, diversamente dalla Basilica Iulia ai Fori, dovuta a Caio Giulio Cesare, prende nome da papa Giulio II il quale ne promosse l’intervento per mano dell’architetto Bramante[17]; o la costruzione della Fontana dell’Acqua Paola al Gianicolo che deve la propria esistenza e quindi l’intitolazione a papa Paolo V Borghese[18], e a nessun Paulus del mondo antico; per quanto invece riguarda la ridenominazione di antichi percorsi si pensi al caso della via del Corso che per iniziativa di papa Paolo II rinomina l’antichissima via Lata per rendere esplicita la prassi rinascimentale di cortei carnacialeschi, corse di cavalli e feste in generale[19].
5. Criteri toponomastici dopo l’unità d’Italia
Con l’unità del Paese nella seconda metà del XIX secolo si procede a un riordino che tocca anche la nomenclatura delle strade e in effetti, vagando per la città non possiamo non notare una tendenza che, per il modo in cui esso si offre al cittadino o al turista contemporaneo, investe tutto il tessuto urbano. Infatti a seconda del luogo di Roma in cui ci troviamo, a parte l’ossatura antica delle vie consolari e dei nomi dati in momenti storici significativi, non possiamo fare a meno di rilevare che, come già accennato e proponendo ora qualche esempio in modo più dettagliato, i nomi di luoghi vicini formano spesso un campo semantico ben preciso. Abbiamo zone in cui le strade e le piazze sono intitolate alle regioni italiane (la celebre via Veneto, via Sardegna, via Liguria ecc.); altre alle provincie (via Ravenna, via Forlì, piazza Bologna); ma procedendo in modo capillare, troviamo zone dove le strade hanno i nomi delle stelle (piazzale Vega, piazzale Sirio, piazza della Stella Polare); oltre naturalmente a illustri del mondo della cultura categorizzati per disciplina: archeologi (via Costantino Corvisieri, via Antonio Nibby, via Carlo Fea); architetti della modernità (via Ferdinando Fuga, via Gugliemo Calderini); filosofi greci (viale Gorgia di Leontini, via Platone, piazzale Socrate) e filosofi che hanno direttamente contribuito a fondare la nostra coscienza moderna delle cose del mondo (viale Kant, viale Spinoza, viale Marx). Altri quartieri invece radunano insieme ricordi di eventi storici verificatisi in un certo luogo (via Castelfidardo, via Magenta, via Marghera), o in un certo giorno (via XX Settembre, piazzale XXV marzo 1957).
6. Il riferimento all’acqua nei nomi delle strade romane
Tutta questa lunga considerazione è necessaria per comprendere quale acqua contenuta nei toponimi romani si vuole prendere in considerazione e quale invece destinare soltanto a un fugace cenno che l’accantona in quanto non rilevante ai fini del senso di questa riflessione[20].
Come si vedrà, procedendo via via con l’accantonare i nomi pur contigui all’acqua che ci interessa, non tratteremo direttamente né delle fontane romane, né di per sé dei fiumi pure contenuti in numerosi toponimi; né dei piccoli rivoli, fossi e fossati, che, pressoché sottratti alla vista di chi si muove per la città e non catturati in una targa viaria, pure scorrono come una rete che imbriglia l’intero insediamento urbano di Roma[21]. Le ragioni di questa scelta sono molteplici. Un primo motivo è quello di contenere questo scritto entro limiti adeguati. Ma non soltanto: a ben guardare, fontane, fiumi, mari richiamati nei nomi delle strade e piazze romane non costituiscono propriamente un richiamo all’acqua: fontane, mari, fiumi eccetera sono entità che contengono l’acqua, sono prima di tutto opere costruttive o luoghi geografici, ma di per sé non necessariamente implicano la presenza attuale dell’acqua, soprattutto non necessariamente richiamano l’acqua di Roma come qualcosa che è vivo, mobile, e in qualche modo forgia il modo di essere della città. Per esempio ho scelto di omettere di trattare di per sé dei nomi viari che richiamano le fontane perché queste ultime potrebbero non essere più attive; pur se rievocate nel nome di una strada, potrebbero riferirsi a vene acquifere prosciugate e ora non più esistenti; potrebbero essere fontane costruite in sostituzione di strutture più antiche, e quindi una indagine esauriente davvero richiederebbe molte e molte pagine; ragion per cui le fontane verranno in rilievo soltanto se sia il nome dell’acqua a convocarle in qualche modo.
Per quanto riguarda invece i numerosi fossi sparpagliati sul territorio romano, che come accennavo il più delle volte sono del tutto sconosciuti a chi abita la città, essi soltanto di rado accedono all’“onore” di dare il titolo a una strada e quindi di per sé non sono eponimi. Ma, come cercherò di chiarire nelle righe che seguono immediatamente, anche il riferimento a fiumi esistenti o mari o laghi, attribuito per ragioni che nulla hanno a che fare con il territorio di Roma, si rivelano sostanzialmente frutto dell’esigenza di dare un nome – soprattutto nelle zone di più recente edificazione – che è ispirata non dall’acqua, bensì dall’omogeneità tematica di cui s’è detto.
7. Varie classi di toponimi viari contigui al tema dell’acqua ma non rilevanti. Nomi di fiumi, di laghi, di mari
Una prima acqua presente nei toponimi della rete stradale di Roma è quella dei fiumi italiani, che – come accennato – sono ricordati in un’area ai confini con quello che si considera il quartiere più chic ed esclusivo della città, i Parioli. Ai margini di questo quartiere un’ampia area richiama nei nomi delle strade questa tipologia di enti che contendono acqua: via Adda, via Po, l’accennata via Tagliamento, via Adige, via Sebino, via Serchio, via Dora, piazza Mincio, via Reno: tutti questi fiumi assieme ad altri ancora (praticamente quasi tutti situati nella metà a nord della Penisola) accompagnano chi passeggia per questo elegante e vivace quartiere, ma non è la loro acqua che qui interessa, perché il loro richiamo nelle targhe viarie è frutto di una serie di atti amministrativi che, a partire dalla delibera comunale del luglio 1887[22], si possono riunire in un progetto unitario che li lega tutti insieme[23], e in un certo senso li relega a una memoria, a una sorta di “denk mal”, a un rievocare dentro alla città ciò che non le appartiene, quasi una sorta di longa manus che convoca nella Capitale magnifici paesaggi acquatici tuttavia oggettivamente lontani.
Anche nel criterio con cui sono stati scelti i nomi di alcuni mari visibili nell’area detta «Città Giardino Aniene» può rintracciarsi la medesima ratio , come si legge nella corrispondente delibera: «[t]rattandosi di un quartiere assai vasto, la Commissione consultiva ha ritenuto opportuno di presciegliere [sic!] un tipo omogeneo di nomenclatura che potesse soddisfare alla quantità di nomi occorrenti. E pertanto ha espresso l’avviso che la denominazione delle strade di detto quartiere, che verrà ad estendersi, su entrambi i lati di via Nomentana, abbia lo scopo di illustrare la orografia e le isole minori d’Italia nonché i mari che circondano la nostra penisola »[24]. Con quest’ultimo richiamo ai mari della nostra penisola, contenuto nei viali Tirreno, Jonio e Adriatico come istituiti dalla delibera citata, si comprende come mai anche questa tipologia di acqua non esemplifichi il nostro oggetto d’indagine. Il loro richiamo giunge a noi grazie a un processo intellettualistico e non per ragioni sorgenti dal territorio della città e dei suoi eventi storici.
Criteri analoghi mi spingono a escludere un’altra categoria di acque, vale a dire quella di mari o fiumi ben più vasti e lontani, riecheggianti nomi esotici ed evocati nelle targhe della rete viaria della zona sud dell’EUR, del Torrino e del più grande quartiere extraurbano, vale a dire Ostia lido. In queste tre zone il riferimento è agli oceani (via Oceano Pacifico, Oceano Atlantico, Oceano Indiano) che delimitano la fascia inferiore l’EUR; ma anche al Fiume Giallo, al Fiume delle Perle, ai fiumi Bianco e Azzurro in un generale omaggio alla Cina e alla sua cultura[25], e non all’acqua e alle sue proprietà, in quanto sostanza liquida per eccellenza che può essere salubre o insalubre, quieta o anche inquieta nella sua capacità, appena smossa, di sfuggire in gocce o rivoli. A Ostia invece un manipolo di strade rievocano mari lontani: per cui leggiamo via Mar Rosso, via Mare di Bering, via Mar Arabico.
Più complessa la toponomastica romana che riguarda i laghi, parimenti esclusi da quest’analisi. Anche in questo caso possono svolgersi analoghe considerazioni, e cioè che il riferimento ai laghi (quando si legge Piazza Trasimeno, o via del Lago Regillo), viene fatto per denominare le strade di un certo quartiere in modo omogeneo, per così dire, per categorie ontologiche; dall’altro, è vero che in molti casi viene il dubbio se nel toponimo riecheggi effettivamente il nome del lago o l’identico nome del comune: come nel caso di via Iseo (in località Prima Porta), dove non è chiaro immediatamente se sia richiamato il comune lombardo o il lago su cui detto comune si affaccia; lo stesso dicasi per via Bolsena (a Tor di Quinto), che raccoglie insieme nome comunale e nome lacustre.
Un’unica eccezione peraltro vale la pena di essere citata, ad anticipare il senso dell’oggetto di questo testo: vale a dire viale del Lago, così chiamato proprio per via del laghetto presente all’interno di Villa Borghese verso cui conduce questo viottolo, attualmente interdetto al traffico automobilistico.
8. Acqua contenuta n3ei cognomi
Ancora un tipo di riferimento all’acqua non è oggetto diretto di questo scritto: è l’acqua contenuta in cognomi di uomini o famiglie celebri. Fra queste spicca il riferimento alla famiglia dei Cesi, duchi di Acquasparta[26], che nel centro storico, in prossimità della cosiddetta “Casa di Fiammetta”, intitolano una via e una stradina curva, quest’ultima detta appunto per via della sua forma Arco degli Acquasparta. Al cognome Acquaroni è invece intestata la via omonima a Torre Angela per ricordare la famiglia che aveva alcuni possedimenti in località Tor Bella Monaca[27]. Fra i cognomi di insigni stirpi può ricordarsi ancora via dei Bevilacqua, nei pressi della Stazione Aurelia, che commemora un’antica famiglia del XIII secolo[28].
Invece passando a singoli individui che si sono distinti durante la vita abbiamo, in zona Pineta Sacchetti, via Acquaderni che prende il nome dal pedagogo battezzato Giovanni, primo presidente della Società della Gioventù Cattolica Italiana[29]; nel quartiere Ostiense via Rodolfo Acquaviva celebra un gesuita missionario in India dove fu martirizzato e perciò in seguito beatificato[30]; nel rione Esquilino via Gian Luigi Passalacqua commemora un generale morto a Novara nel 1849[31]; in zona Castel di Decima via Luigi Pietracqua è intitolata a un giornalista (come tante altre strade nella stessa zona) morto nel 1901[32]; nel rione Borgo nei pressi del Vaticano, via Cardinale Angelo dell’Acqua è dedicata all’ecclesiastico vissuto fra il 1903 e il 1972[33]; infine via Enrico Dell’Acqua in zona Torrenova ricorda un industriale vissuto fra il 1851 e il 1910[34].
9. Acqua nei nomi dei borghi
Parimenti esula dall’acqua qui specificamente considerata un gruppo di nomi, tutti accattivanti e allusivi, ma riferiti esclusivamente a piccoli borghi sparsi per l’Italia. Per cui abbiamo via Dolceacqua (al Gianicolense) che ricorda il comune ligure in provincia di Imperia[35]; via Acqua Donzella (nel quartiere Tuscolano) richiama un comune situato ai Castelli romani, non lontano dalla capitale[36]; via Acquafondata (a Centocelle) e via Acquapendente (in area Tomba di Nerone) anche si riferiscono entrambe a un comune laziale[37]; via Acqualagna [38] e via Acquacanina [39] (entrambe in zona San Vittorino, propaggine est del Comune di Roma) intitolate a due comuni delle Marche; via Introdacqua (a Tor Sapienza) che riprende il nome di un comune abruzzese[40]; via Acquaviva d’Isernia (in località Lunghezza), chiaramente riferita a un comune molisano[41]; via Acquaviva delle Fonti (in zona Torre Gaia), il cui nome è dovuto a una piccola cittadina pugliese[42]; via Acquaro (nel quartiere Appio-Claudio), via Acquaformosa (a Casal Morena) e via Acquappesa (Castel di Decima), dedicate a paesini della Calabria[43]. Infine un certo numero di toponimi in cui compare il riferimento all’acqua rinviano a vari centri siciliani, e non si può non provare un po’ di stupore che tante località in Sicilia contengano il richiamo all’acqua, considerato che è proprio la Sicilia la regione italiana con i maggiori problemi di approvvigionamento idrico, quasi che questi nomi di luoghi siciliani fossero segnati da un desiderio o una mancanza. I borghi il cui nome parla di acqua situati questa terra aspra e bellissima sono richiamati in queste strade romane: via Acquicella e via Acquedolci (ambedue in località Torre Gaia)[44], via Acquaviva Platani e via Fiumefreddo di Sicilia (entrambe in zona Torre Angela)[45], via Acqua dei Corsari (alla Borghesiana) [46] e via Acqualandroni (pure a Torre Gaia)[47].
Quale acqua rimane a questo punto nei nomi viari di questa città così particolare?
10. Acque eponime di Roma
In effetti i nomi che restano (e che a mio avviso e come vedremo sono in qualche modo l’acqua di Roma e non il richiamo di acque lontane), non sono irretiti “per quartiere” insieme ad altre denominazioni semanticamente tutte vicine, accomunate da un unico tema, ma rivelano la stessa proprietà dell’acqua: si manifestano per un tratto di percorso continuo e libero, che sa unire e separare, talora quasi incontenibile nel suo modo di dipanarsi, talaltra soggetto a scomparire per riaffiorare più avanti, magari modificato, con un corso più ampio o ristretto a seconda del movimento proprio di questo elemento così come si dà in natura, contenuto in sorgente, o fiume o polla o lago o mare che sia.
Diversamente dai criteri che abbiamo visto sin qui, per cui i nomi che si riferiscono a mari o fiumi sono dati da un organo amministrativo che procede con i propri timbri e registri per imprimere nella memoria di chi transita il richiamo a entità lontane, nel caso dei nomi che ci apprestiamo a elencare e descrivere è direttamente l’acqua a reclamare che proprio quel luogo rechi il suo nome.
11. Acqua acetosa
Il primo esempio che può farsi è quello dell’Acqua Acetosa, che attualmente denomina più percorsi dislocati in aree diverse della città [48] e che prima della seconda guerra mondiale erano ancor più numerosi[49]. Quella che a mio avviso è la più nota fonte dell’Acqua Acetosa[50], da cui scaturisce la serie più importante di questi toponimi, si trova nella parte del Flaminio costeggiante il Tevere dove sono collocati anche molti impianti sportivi[51]. Scoperta nel 1564 ad opera del medico Andrea Bacci[52], per molti secoli l’acqua ferrosa (da cui il nome di acetosa, cioè “acidula”) di questa fonte è stata ritenuta salubre, motivo per cui nel 1613 papa Paolo V ne aveva delimitato l’area apponendovi una targa in cui ancora può leggersi: «renibus et stomacho spleni jecorique medetur mille malis prodest ista salubris aqua»[53]. Successivamente, nel 1662 papa Alessandro VII ha ampliato la fontana dotandola di una solenne e sinuosa struttura in pietra, che, pur attribuita a Gian Lorenzo Bernini[54], in realtà è stata progettata da Andrea Sacchi e Marcantonio De Rossi[55]. Come ancora testimonia l’iscrizione lapidea, un ulteriore intervento di riqualificazione per proteggere la fonte dalle piene del vicino Tevere si deve a Clemente XI il quale, nel 1712, fece collocare in loco anche un idrometro[56]. Un’altra tappa significativa nella storia di questa fontana si ebbe nel 1821 allorché colui che sarebbe divenuto re Ludwig I di Baviera, invaghitosi del luogo, vi apportò alcune migliorie, facendovi piantare alcuni olmi e sistemare due panchine (tuttora esistenti); una doppia targa bilingue di cui attualmente può leggersi soltanto la versione tedesca ricorda queste modifiche[57]. Era questo scenario a fare da sfondo per gli incontri [58] dell’allora principe Ludwig, già coniugato in patria, con Marianna Bacinetti, già sposata Florenzi, interessantissima figura di intellettuale ravennate dedita ad attività di traduzione [59] e autrice di alcuni pamphlet filosofici, filosofico-politici ma non solo[60]. La Fontana rimase attiva sino al 1959, quando venne chiusa in quanto inquinata e cadde in stato di abbandono. È stata riaperta soltanto recentemente, dopo il restauro compiuto fra il 2008 e il 2009, ma dalle sue cannelle non scorre più la ferruginosa acqua al sapore acetico, bensì un’altra vena potabile.
Come accennato, tuttavia, quella appena ricordata non è l’unica acqua acetosa eponima di tanti percorsi romani[61]. Altre due sorgenti acquifere si trovano rispettivamente nella parte sud e sud-est della città e parimenti danno il nome ad alcune strade. Come accennato, si trovano opinioni [62] secondo le quali la più famosa Acqua Acetosa romana sarebbe non quella in prossimità del tratto settentrionale di Lungotevere che da essa trae il nome e di cui abbiamo appena parlato, bensì l’Ostiense, nel quadrante sud. Invero, se l’Acqua Acetosa Ostiense è più celebre, lo è per il fatto di essere nota già agli antichi romani [63] e probabilmente anche prima. Benché più acre della sorgente al Flaminio[64], per lungo tempo gli “acquacetosari” raccoglievano anche questa e la trasportavano in fiaschette destinate alla vendita[65]. Tuttavia nel tempo attuale l’Acqua Acetosa Ostiense o Laurentina così come la cd. Fonte Ostiense sono nomi che nei romani evocano poco o nulla. Si tratta dell’Acqua Acetosa che scorre nel Fosso, anch’esso situato nella fascia meridionale della città, che ne reca il nome e che, congiungendosi più avanti, nel suo scorrere, al vicino Fosso di Vallerano, si getta nel Tevere in un punto situato lungo le vie del Mare e Ostiense a metà strada fra Magliana e Tor di Valle. L’evento di questo affluire non si offre alla vista; il sito archeologico non è attualmente accessibile; l’area in cui fluisce il Fosso dell’Acqua Acetosa – diversamente dalla Fontana dell’Acqua Acetosa al Flaminio – è lontano dal traffico cittadino e dunque sottratto alla memoria, quasi gli si impone il destino delle acque carsiche, che apparentemente scompaiono e tuttavia continuano a fluire in qualche luogo segreto.
L’Acqua Acetosa Anagnina invece è un nome che si trova a designare una strada piuttosto lunga, alcune stradette cieche ad essa perpendicolari e un breve vicolo. Da quanto si legge nel sito del Comune di Roma, il nome è stato attribuito in ragione di una sorgente d’acqua locale, che tuttavia non affiora alla superficie stradale ma può essere visitata nel contesto di tour sotterranei organizzati. In realtà, osservando la mappa della zona sud-orientale della città, contrassegnata da un’urbanizzazione fitta e disordinata, che non ricade interamente sotto l’amministrazione capitolina ma si spartisce fra i piccoli comuni (Ciampino, Marino) che piano piano si inerpicano su verso i cosiddetti Castelli romani, possiamo notare molti rivoli e fossi, alcuni dei quali discendono verso la pianura romana provenienti dalle falde acquifere dei due laghetti vulcanici degli insediamenti sulle colline orientali: Albano e Nemi. Ma qui siamo propriamente fuori dall’area urbana romana.
12. Acqua Mariana
Proprio da questo ultimo lato orientale dei Castelli fluisce anche l’Acqua Mariana, che attualmente nell’area amministrata dal Campidoglio è ricordata soltanto nel nome della via del Fosso di Acqua Mariana[66], in zona Casal Morena. Il Fosso eponimo per un tratto scorre parallelamente alla via Appia Nuova e da esso si diparte la Marrana dell’Acqua Mariana che va a finire nel Parco degli Acquedotti.
Questo Fosso, con la via a cui presta il nome, contrariamente a quel che si potrebbe pensare di primo acchito, con il pregiudizio dovuto al peso della presenza ecclesiale nella città, non rievoca la Vergine Maria, bensì deriva dal territorio del già citato comune di Marino da cui quest’acqua ha la propria sorgente[67].
13. Acqua Bullicante
Un’altra importante acqua eponima romana è l’Acqua Bullicante, che dà il nome a una lunga e sinuosa traversa della via Prenestina, nel settore est della città[68]. Il nome “bullicante”, e cioè “che fa le bolle”[69], sarebbe dovuto alla natura solforosa dell’acqua proveniente dalla zona Tuscolana e che, giunta nell’area poi così intitolata, avrebbe originato putridi acquitrini dispersi fra le casupole che ivi esistevano prima degli interventi edilizi propri dell’urbanizzazione moderna. In realtà la zona è tuttora ricca di acque, per esempio il vicino Fosso della Marranella; addirittura in anni recenti vi è “nato” un lago: questo è detto Lago Bullicante o Lago ex-Snia, perché è sorto in un terreno alienato dalla società di prodotti chimici SNIA alla Pinciana 188 s.r.l. la quale intendeva trasformare il sito in un posteggio per un centro commerciale. Durante i lavori di escavazione, si toccò una falda acquifera di acqua minerale potabile: l’inarrestabile fiotto d’acqua ha fatto scaturire il lago, che per questo motivo viene considerato lago naturale e non artificiale[70].
This picture is not included in the reading sample[71].
14. Acqua Felice
Molto suggestivo il nome di via dell’Acqua Felice (in zona Tuscolana), che tuttavia non allude a uno stato dell’anima, bensì a papa Sisto V, al secolo Felice Peretti, il quale dall’Acquedotto Felice (pure eponimo di via e vicolo, e luogo fisico da dove si diparte la via dell’Acqua Felice) ha condotto a Roma questa vena, dando concretezza nel 1589 a un progetto già iniziato da papa Gregorio XIII con cui si riutilizzava l’«Aqua Alexandrina», il cui nome a sua volta deriva da Alessandro Severo che l’aveva captata a Roma nel 226[72]. Il percorso di quest’acqua è esemplificativo della natura di questo elemento nel suo rapportarsi alla città di Roma: abbiamo alcuni tratti in cui l’Acquedotto Felice coincide con l’antica struttura romana di età claudiana [73] – visibile nel Parco degli Acquedotti, motivo per cui i romani di fatto continuano a chiamarlo Acquedotto Claudio, almeno sino a Porta Maggiore – e poi il suo percorso si dipana sfruttando quello preesistente dell’Acqua Marcia, poi su quello dell’Acqua Claudia, passando per Porta Maggiore, poi per Porta Tiburtina lungo il tracciato delle Mura aureliane sino a giungere nel centro città dove, dopo aver segnato un arco monumentale nei pressi della Stazione Termini, detto “Arco delle Pere” per via del cognome del papa Peretti, giunge ad alimentare la splendida Fontana del Mosè nei pressi di Santa Maria della Vittoria, alla fine di via XX Settembre[74]. All’interno di Villa Borghese, largo dell’Aqua Felix, dove si trova la solenne mostra di una fontana realizzata da Antonio Asprucci alla fine del XVIII secolo è ciò che rimane dell’originario impianto, progettato dall’architetto Giovanni Fontana, che intorno al 1610 aveva portato l’Acqua Felice sino a villa Borghese[75]. Claudio Rendina ricorda quanto sia stata solenne l’inaugurazione dell’Acquedotto Felice avvenuta l’8 settembre 1589, allorché «l’acqua zampillò contemporaneamente nelle fontane del Mosè, di S. Maria de’ Monti di Campo Vaccino e Piazza Montanara»[76].
15. Acqua Marcia
Anche l’Acqua Marcia appena citata nel paragrafo precedente dà il nome a una via che si trova nel quartiere Pietralata e che fa riferimento all’acqua condotta a Roma tramite la magnifica conduttura costruita nel 145 a.C. dal pretore Quinto Marcio, da cui appunto l’appellativo “Marcia”[77]. La sorgente esatta rimane ancora non identificata, perché situata in una località ricca di polle fra Arsoli e Marano Equo, nell’alta valle del fiume Aniene; tuttavia sin dai tempi antichi veniva considerata l’acqua migliore per proprietà e salubrità. In effetti, anche dalla piccola fontana dell’Acqua Marcia situata lungo la via Nomentana all’altezza di Sant’Agnese può gustarsi ancora un’acqua ottima e particolarmente fresca.
16. Acqua Paola
Un’altra importante acqua eponima che si avvale delle condutture antiche è l’Acqua Paola. Attualmente essa dà il nome a una via e a un vicolo collocati in zona Pineta Sacchetti-Primavalle e riceve il nome da papa Paolo V Borghese che nel 1608, per far servire le zone del Vaticano, di Borgo e di Trastevere, fece realizzare l’Acquedotto Paolo riattivando antiche sorgenti traiane situate in terreni vendutigli dagli Orsini. Alcuni chilometri più a sud dalla via e dal vicolo che da essa prendono il nome, quest’acqua alimenta la sontuosa Fontana dell’Acqua Paola al Gianicolo, fatta costruire dal medesimo Paolo V nel 1612 e celebrata anche in musica dal compositore Ottorino Respighi. In particolare Rendina riporta un Avviso del 1610 dove si evince che al momento di fare la prova dell’uscita dell’acqua da questa Fontana, la potenza idrica ruppe addirittura la balaustra in marmo allagando il pendio del Gianicolo sin giù a San Cosimato in Trastevere[78].
17. Acqua Santa
Pure l’Acqua Santa che nella zona Appio-Pignatelli designa una via e, un tempo, indicava anche un vicolo ora soppresso, deve il proprio nome a vicende costruttive di età barocca. Si tratta di un’acqua ferruginosa scoperta a quanto pare a metà ottobre del 1615 allorché un contadino, procedendo con il proprio carro, si imbatté in una venatura d’acqua color sangue dove, immergendo le mani, la pelle diventava morbidissima. La fama degli effetti di quest’acqua si diffuse rapidamente, tanto che attorno alla sorgente nei tempi successivi fu edificato un impianto termale[79].
18. Acqua Vergine
Un’acqua antica e leggendaria è l’Acqua Vergine. Essa dà il nome a una via situata fra la Collatina e la Prenestina e la sua captazione è molto antica: il riferimento è all’ aqua virgo portata a Roma da Agrippa nel 19 a.C. e che, dopo vari restauri dell’antico acquedotto compiuti anche in età rinascimentale grazie a Leon Battista Alberti[80], attualmente alimenta la celeberrima Fontana di Trevi, i cui lavori sono stati avviati su progetto di Nicola Salvi nel 1732[81]. Il nome non tanto sarebbe legato alla purezza della vena acquifera, bensì alla leggenda secondo la quale una fanciulla avrebbe indicato una polla ad alcuni soldati[82]. Per questo motivo, la splendida Fontana di Trevi, fra i rilievi che la ornano, presenta in una delle nicchie laterali (precisamente quella in alto a destra) il rilievo con la Vergine che indica la sorgente ai soldati , scolpita da Andrea Bergondi. Ma qualcuno ricorda che l’appellativo di Acqua Vergine sarebbe dovuto al fatto che questa vena non si mescola con il rivo Erculaneo che le fluisce accanto[83]. Quale che sia la storia del nome, attualmente è proprio quest’Acqua ad alimentare le più importanti fontane del centro di Roma: non soltanto quella di Trevi, ma anche quella dei Quattro Fiumi realizzata da Bernini in piazza Navona, quella piccolina in piazza del Pantheon e quella altrettanto famosa davanti alla scalinata di Trinità dei Monti, detta per via della sua forma la Barcaccia (realizzata da Pietro Bernini con l’aiuto del figlio Gianlorenzo). La presenza di queste splendide fontane collocate in quest’area tutto sommato poco estesa del centro spiega anche il nome della vicina via dei Condotti: essa denomina infatti proprio le condutture dell’Acqua Vergine[84].
19. Acque Salvie
Un’altra acqua che davvero merita di essere raccontata è quella che dà il nome a via di Acque Salvie la quale prende il nome dalla località “ad Aquas Salvias”, nei pressi della parte alta della via Laurentina, dove fu edificata l’Abbazia cistercense delle tre Fontane. In realtà via di Acque Salvie si trova all’interno del bosco che circonda l’Abbazia per cui rimane lontana dal traffico cittadino; le “acque salvie”, cioè salvifiche, a cui si riferisce sono così dette perché quello sarebbe il luogo del martirio di San Paolo, il cui capo, decollato, sarebbe rimbalzato a terra per tre volte, facendo scaturire così tre polle. In effetti, all’interno dell’Abbazia si possono tuttora vedere queste tre piccole sorgenti protette da teche di vetro collocate lungo il suolo leggermente digradante. Il significato delle parole “Acque Salvie”, come accennato dal latino “ad Aquas Salvias” non è di facile né di univoca interpretazione. Nell’italiano attuale, considerata anche la potenza evocatrice del luogo dove in effetti ci si sente inspiegabilmente afferrati da una forte commozione, si penserebbe immediatamente una capacità “salvifica” di queste acque scaturite dalla decapitazione del Santo; ciò anche perché il termine italiano salvia con cui si designa la deliziosa piantina aromatica dalle virtù salutari e rilassanti trae il proprio nome dal latino salvus, cioè “sano” e al contempo “salvo”[85]. Nibby, ai cui tempi anche il rivo nei dintorni si chiamava delle Acque Salvie [86] – mentre adesso è noto come Fosso delle Tre Fontane – proponeva una lettura più disincantata facendo riferimento sia all’abbondanza delle acque del luogo, sia all’antica famiglia latina Salvia, cui erano intestati i terreni in questione[87], avanzando l’ipotesi che la leggenda del martirio di Paolo sia sorta alcuni secoli dopo, dal momento che non si riscontra testimonianza sufficientemente antica di questo evento nella documentazione che riguarda i possedimenti riuniti sotto il titolo delle Aquas Salvias[88]. Forse tuttavia può avanzarsi un argomento di natura etimologica. Se effettivamente in latino Salvius è un appellativo gentilizio, tuttavia non si può evitare di pensare a una storpiatura dovuta anche all’uso, presso gli scalpellini romani, di rendere con un medesimo segno v sia la lettera u che la v, come può leggersi in tante iscrizioni antiche che anche il turista più inesperto ha piacere di cimentarsi a decifrare. Può essere dunque che la parola originaria fosse aquas saluias, con un rimando alla voce verbale salui, passato remoto del verbo salo, che significa proprio “zampillare”, “balzellare”, ciò che immediatamente richiama agli occhi della mente la leggenda del martirio paolino.
20. Acquafredda
Non lontano – almeno nell’ottica delle distanze percorribili con i mezzi attuali – dalle Acque Salvie si trova la zona della Magliana, che, come leggiamo nella Carta di Nibby[89], dava il nome al rigagnolo, situato un po’ più a nordovest, fra la più bella delle consolari, ss. n 1 via Aurelia e via di Acquafredda. Quest’ultima strada prenderebbe nome proprio dalle fresche acque di questo rivo, ora denominato nel tratto di questa diramazione settentrionale Fosso di Acquafredda; nella topografia attuale quest’acqua dà il titolo anche al vicolo e la via dei Casali di Acquafredda, collocati nelle vicinanze.
21. Acqua Traversa e altre acque eponime minori
Via dell’Acqua Traversa, a nord, racchiusa fra le vie Trionfale, Cortina d’Ampezzo e dell’Insugherata, deve il proprio nome a un fosso, quello appunto di Acquatraversa, che, scorrendo parallelo a un tratto della via Cassia, taglia in due un ampio appezzamento di terreno prima di affluire nel Tevere. Anticamente l’area era insediamento di ville di importanti uomini politici romani (Marco Aurelio, Lucio Vero) [90] e forse lo stesso Annibale vi stazionò con le proprie truppe[91].
Ancora può ricordarsi via di Acqua Rossa, sita in Ostia Lido e legata, a quanto si dice nel sito del Comune di Roma dedicato alla toponomastica, a una denominazione locale[92], forse dovuta a una vena ferruginosa di cui vi è traccia anche nella sabbia di questa parte di litorale romano, particolarmente pesante, dal colore nerastro e per questo più sottilmente scintillante al sole.
Un toponimo particolarmente recente che può infine ricordarsi qui è quello attribuito non a una strada, bensì a un parco: mi riferisco al Parco dell’Acqua e del Vino, istituito nel 2009 a Torre Angela, e così detto perché al proprio interno contiene sia una vigna, sia alcuni bacini acquiferi[93]. Anche se “nuovo”, purtroppo ultimamente è stato segnalato come già versante in condizioni di abbandono, e non può che sperarsi in una sua riqualificazione per mano dell’amministrazione capitolina. Benché ancora non sia eponimo di una strada, lo considero perché il suo titolo è particolarmente esemplificativo della linea seguita sin qui che mette in evidenza come la presenza dell’acqua guidi, porti con sé i toponimi; e dunque non può escludersi che in un futuro non lontano, se riuscirà a tornare luogo di aggregazione e di cura, il Parco, con il riferimento all’acqua e al vino che porta dentro di sé finirà con l’apporre il proprio nome su qualche strada della periferia in espansione.
Ancora un’osservazione per cercare di rendere esaustiva questa esposizione. Come si sa, l’italiano attuale è frutto dell’evoluzione non del solo latino, ma fra l’altro si è alimentato al greco antico, e ciò sin dall’età classica. Molte parole dell’italiano moderno che si riferiscono all’acqua non derivano dal latino aqua, bensì dal greco ὕδωρ: se ne veda la traccia in idraulico, idrogeologico, idrogeno, idrocefalo... Per quanto si tratti di parole di uso ormai abbastanza comune, come si coglie facilmente da questi pochi esempi esse appartengono a campi semantici della tecnica, dell’edilizia, della medicina. E così, nelle strade di Roma se ne coglie un uso molto parco, recentissimo, portato dalle innovazioni dell’ingegneria: via delle Idrovore della Magliana, al Portuense, è intitolata alle macchine per sollevare o assorbire masse d’acqua fluviali; via dell’Idrovolante, a Ostia Lido, ricorda il «sistema di atterraggio e decollo degli aeroplani sull’acqua»[94]; via dell’Idroscalo, nel medesimo quartiere sul litorale, è strada pure riferita a un aerodromo per idrovolanti e tristemente nota come luogo di morte di Pier Paolo Pasolini; via dell’Idroscopio, pure nei pressi del lungomare ostiense, è intitolata allo strumento per lo scandaglio del fondale marino[95]. Ma forse, come si vedrà in conclusione, è a un altro significato più vasto dell’antica parola ὕδωρ e del corrispondente aggettivo (ὑγρός, “umido”, “bagnato”) che ci si potrà rifare per illuminare il senso di questa riflessione.
Ultimo toponimo considerato qui fra le “acque minori” è via della Marrana, al Tuscolano. La strada è di istituzione piuttosto antica, e secondo quanto riportato dal sito del Comune di Roma, il toponimo deriva da «un antico rivo che nasceva dall’acqua Julia nell’Agro Tuscolano»[96]. Già il termine marrana (cioè “rivo”, “ruscello”), appartiene ormai al registro colto, e quindi il riferimento all’acqua non è affatto immediato per chi percorra questa via; fra l’altro questa strada è situata lontano dal rivoletto da cui prende il nome, e quindi testimonia ancora una modalità di darsi di questo elemento duttile, inafferrabile, in bilico fra l’esistenza e la scomparsa nei vari sensi illustrati sin qui: tracciata nei libri e nelle carte di cui a volte si perde la memoria, visibile nel solco che essa lascia nella terra per poi a volte immergervisi misteriosamente senza far ritorno, ovvero riemergendone altra, diversa, ricca dei minerali trascinati con sé lungo il cammino sotterraneo.
22. Infine: considerazioni residuali sugli acquedotti e i tre fiumi romani; il Lungotevere
Nel corso di queste pagine ci siamo soffermati a più riprese su strade che traggono il nome dagli acquedotti che, antichissimi o moderni, si diramano per tutta la città. In realtà, fra i toponimi dedicati agli acquedotti romani, l’unico che abbiamo tralasciato è forse il più rilevante per portata, e anche quello di più recente per costruzione. Mi riferisco all’Acquedotto del Peschiera, che trae il proprio nome dalle sorgenti del Peschiera, un ruscello che confluisce nel Velino, situate nel reatino. In realtà l’attuale Acquedotto del Peschiera-Capore è uno dei più imponenti al mondo, si dipana per un percorso di circa 130 km e contribuisce a soddisfare circa l’80% del fabbisogno idrico della Capitale[97]. Ciononostante, non è particolarmente presente nella coscienza dei romani, per i quali gli acquedotti sono innanzitutto e per lo più quelli romani o rinascimentali. Cionondimeno può ricordarsi che esso dà il nome alla via dell’Acquedotto del Peschiera, istituita nel 1972 in zona Primavalle[98]. Forse la sproporzione fra un acquedotto così maestoso e una via tutto sommato breve e così poco conosciuta sono il segno dell’accennata inconsapevolezza della presenza di questa struttura.
Con queste considerazioni sulla via dell’Acquedotto del Peschiera, in realtà si esauriscono le strade dedicate ad acquedotti, e quindi sugli altri (dell’Acqua Felice, dell’Acqua Paola eccetera) valga quanto già visto a proposito delle acque eponime nelle sezioni precedenti.
A questo punto si può fare riferimento a quella che nell’età delle automobili è diventata una grande, doppia arteria di cui è eponimo il principale fiume romano, il Tevere. In effetti, come già accennato per altri fiumi italiani, tanto il nome del Tevere quanto quello del secondo rivo romano, l’Aniene, sono presenti fra quelli evocati dalle targhe viarie del quartiere intorno a via Po; quindi valga anche per questi due fiumi quanto già detto: la loro presenza lì è motivata dall’esigenza di compilare quasi una sorta di catalogo, così come disposto dall’amministrazione comunale. Tuttavia, sia il Tevere, sia l’Aniene, come anche un terzo, meno noto rigagnolo, l’Almone, sono acque fluviali romane e quindi sono eponime di strade così chiamate per l’esigenza del luogo stesso. Per esempio via Foce dell’Aniene si diparte da via del Foro Italico (la cosiddetta Olimpica) quasi all’altezza di viale della Moschea per poi perdersi nei prati contigui alle rive teverine proprio in prossimità del punto in cui vi si immette l’Aniene. Via dell’Almone, nel quartiere Appio, è stata così denominata per via delle sorgenti di questo fiume collocate nei dintorni, fra la via Appia Nuova e l’Appia Pignatelli[99].
Ma come si diceva all’inizio di quest’ultimo paragrafo, in realtà è il Tevere a reclamare il proprio nome sulle due strade maestose[100], adesso trafficatissime, costruite lungo le sue sponde. Quello che i romani chiamano per brevità Lungotevere, in realtà copre tutto il tragitto urbano del fiume: da un lato, quello di destra, che scende verso la foce, e dall’altro, quello di sinistra, che risale verso la sua sorgente – per quanto lontana essa si trovi; e per delimitarne i tratti e renderli più facilmente identificabili anche dal punto di vista amministrativo, queste vie che seguono docilmente l’ansa del fiume sono state suddivise con vari appellativi. Per cui abbiamo il Lungotevere dei Mellini, Lungotevere Dante, Lungotevere Testaccio, Lungotevere Portuense, Lungotevere degli Inventori, Lungotevere Maresciallo Diaz… e ancora innumerevoli denominazioni, che di sicuro nessun abitante della città conosce a menadito. Le due vie che costeggiano il fiume, per quanto lunghe diversi chilometri, per i romani sono semplicemente “il Lungotevere” e questo fenomeno mi sembra esemplificativo della natura dell’acqua che ho cercato di mettere in luce in questo scritto: acqua che decide il proprio corso, che condiziona il nome e il tragitto stradale, che a volte è punto di riferimento e di riconoscimento – quindi la targa viaria che la nomina allude alla sua presenza – a volte è memoria di qualcosa di vitale, che si muoveva, che portava alimento, frescura, bagliore luminoso e che magari non è più.
In conclusione, questa capacità dell’acqua di insinuarsi, di regredire, di nascondersi, di imporre il proprio alveo in cui scorrere, di non esser costretta, di non essere facilmente individuabile nella sua scaturigine prima, di essere flessuosa, docile, portatrice di vita, ma anche di contenere aspetti rovinosi; questa totalità di modi e di movimenti, di direzioni e di effetti che l’acqua sa raccogliere possono trovare rispecchiamento nell’antica parola greca che è l’aggettivo riferito all’acqua, ὑγρός, “umido”, “bagnato”, come accennato. L’aggettivo ὑγρὸς infatti non indica soltanto l’umido, il bagnato; bensì, in quanto ciò che presenta il carattere dell’acqua, è non soltanto liquido, fluido in senso fisico, bensì morbido, flessuoso, allegro; lo si dice del carattere accomodante, cedevole, ma anche amante dei piaceri, molle; e lo si dice dei discorsi che sono scorrevoli; delle vocali α, ι, υ, talora lunghe talaltra brevi, dello sguardo languido e quindi dolce[101]. Tutte queste sono le proprietà dell’acqua secondo i Greci, e forse, riflettendo sul modo di darsi di questo elemento può comprendersi più profondamente come mai il primo filosofo d’occidente, Talete, attribuisse proprio all’acqua il carattere dell’ἀρχή, dell’origine e del principio del tutto[102].
Come ho cercato di illustrare, nei toponimi qui considerati Roma si mantiene salda alla propria lingua e storia latina, ma nell’evocare nelle proprie strade il nome delle sue acque riesce evidentemente, con questo gesto di memoria del nome, ad accedere a un fondamento più proprio, sedimentato nella prima riflessione greca che volente o nolente, l’occidente trascina con sé, un sedimento su cui poggia questa millenaria città e di cui forse i suoi stessi fortunati abitanti non sono del tutto consapevoli.
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‹https://www.comune.roma.it/servizi/SITOWPS/dettaglioAreaCircolazione.do?codiceVia=11699› 4.11.2021.
‹https://www.comune.roma.it/servizi/SITOWPS/dettaglioAreaCircolazione.do?codiceVia=17254› 4.11.2021.
‹https://www.gruppo.acea.it/storie/sostenibilita-territorio/raddoppio-acquedotto-peschiera-capore› 11.11.2021.
Abstract -italiano
Tenendo conto delle specificità che, per via della storia plurimillenaria, contraddistinguono la toponomastica della città di Roma, il presente scritto si propone di mettere in luce i nomi della rete viaria romana che si riferiscono all’acqua. Le prime pagine sono dedicate a chiarire l’oggetto d’esame: non il nome dei fiumi o dei mari né dei laghi; non l’acqua richiamata in antichi nomi familiari; né quella delle fontane che di per sé potrebbero essere asciutte e non necessariamente contengono l’acqua. Per questa strada negativa che procede per esclusioni, si paleserà così un manipolo di strade che invece effettivamente richiama il vitale elemento liquido, difficile a contenersi, che sa trovare da sé una strada non costretta, sfugge, appare e riappare seguendo una propria ragione non umana.
Abstract – English
Taking into account the specificities that, due to millennia of history, distinguish the toponymy of the city of Rome, this paper aims at highlighting the names of the Roman road network which refer to water. The first pages are devoted to clarifying the object of examination: not the name of rivers or seas or lakes; not the water referred to in ancient family names; nor that of fountains, which in themselves may be dry and do not necessarily contain water. Along this negative path which proceeds by exclusion, a handful of roads will thus appear, recalling the vital liquid element, difficult to contain, which knows how to find its own unconstrained way, which escapes, appears and reappears following its own non-human reason.
[1] Si consideri che negli ultimi decenni sono nati diversi quartieri a ridosso e all’esterno di quello che negli anni Cinquanta costituiva o sembrava costituire la più ampia cintura della città, vale a dire il Grande raccordo anulare (cosiddetto G.R.A., anche se in realtà l’acronimo raccoglie in sé anche il cognome del progettista Eugenio Gra, all’epoca direttore dell’ANAS, ovvero l’Azienda Nazionale Autonoma delle Strade). Dal G.R.A. inizialmente erano escluse poche aree periferiche: in primis quelle con diretto affaccio sul litorale, vale a dire Ostia Lido; ma anche quelle in quegli anni pressoché inabitate, e che invece adesso costituiscono una rete sempre più fitta di quartieri satelliti e quartieri dormitorio (Torraccia, Casal Monastero, Settebagni, Spinaceto, Tre Pini, Mostacciano, soltanto per citarne alcuni). In particolare per una breve storia del G.R.A. v. Lenci 1997; più recentemente, sullo statuto al limite della legalità di molti edifici sorti attorno all’anello del G.R.A. vedasi Metta 2019.
[2] Per una efficace sintesi delle varie fasi storiche che hanno influenzato la toponomastica – sia per quanto riguarda le partizioni delle aree urbane (rioni, quartieri, municipi), sia per quanto riguarda i nomi dei sistema viario – vedasi Rendina 1987(1); in particolare sui quartieri sorti nella seconda metà del novecento vedasi ivi, XXIV.
[3] Si pensi al caso di Santa Passera – titolo che nel nostro tempo non può non suscitare una certa ilarità – che dà il nome alla via e al vicolo rispettivamente antistante e costeggiante l’incantevole chiesetta medievale la quale trarrebbe la propria denominazione «da uno dei due santi originari del titolo, Abbas Cyrus, cioè san Ciro, con le successive trasformazioni in Abbaciro, Appaciro, Appàcero, Pàcero, Pàcera e infine l’attuale Pàssera» (così Rendina 2004, 290).
[4] Si consideri che il G.R.A. – che pure come accennato non racchiude l’intero tessuto urbano riferibile all’amministrazione comunale romana – si dipana per un anello di circa 68 km, avvolgendo al proprio interno circa 3.600 km quadrati, vale a dire una zona più o meno circolare il cui diametro è di circa 21 km.
[5] Come nel quartiere Monte Sacro.
[6] Come in zona Tagliamento, ai margini dei Parioli.
[7] I cui nomi sono ricordati in una parte del quartiere Appio-Tuscolano e del quartiere Aurelio-Boccea.
[8] Leggibili per esempio in zona Pineta Sacchetti.
[9] Come in una parte del Torrino.
[10] Come si legge nelle targhe viarie di una parte di Centocelle.
[11] Naturalmente dalla prospettiva di chi si trova a Roma ciò può apparire una sorta di elemento di forza dei nomi della città, la loro resistenza a dispetto del tempo che travolge tutto, e ci si potrebbe scandalizzare se a un certo punto l’amministrazione comunale decidesse di rinominare una strada dal tracciato millenario come la via Appia o la via Flaminia. Tuttavia tale caratteristica non è affatto scontata e non di rado accade nei centri più piccoli, attraversati dalle antiche strade consolari, che queste assumano altri titoli. Per esempio, la splendida via Emilia, che taglia vari centri nel suo dipanarsi da Milano a Rimini subisce nuove denominazioni all’interno dei tratti abitati per riemergere come via Emilia nei percorsi extraurbani.
[12] In particolare la via Nomentana deve il proprio nome alla piccola città di Nomentum, ora Mentana, che si può raggiungere da Roma proprio attraverso questa strada.
[13] Su questi ultimi due luoghi vedasi Giovannini 2012, rispettivamente 70 e 72.
[14] Sulla cui origine di denominazione vedasi ancora Giovannini 2012, 21-22.
[15] Su cui vedasi Giovannini 2012, 41 per nomi legati al Colosseo e 71-72 per gli altri due toponimi.
[16] Cfr. Rendina 1987 (1), XVIII.
[17] Cfr. Touring Club Italiano 2007, 375.
[18] Su questa fontana vedasi infra, n. 16. Per i dati storici vedasi sinteticamente Touring Club Italiano 2007, 589.
[19] Cfr. Touring Club Italiano 2007, 245.
[20] In ogni caso non saranno considerati i toponimi aboliti nel corso del tempo o comunque attualmente non più esistenti, ancorché riferiti a fenomeni locali, come nel caso di via del Casale di Acquaviva, istituita in zona La Storta negli anni Cinquanta e ora non più esistente (cfr. la serie di delibere con le relative variazioni elencate al sito ‹https://www.comune.roma.it/servizi/SITOWPS/dettaglioAreaCircolazione.do?codiceVia=2262› 4.11.2021); oppure di viale delle Acque Alte e viale delle Acque Basse, entrambi istituiti nel 1950 e poi soppressi rispettivamente nel 1983 e nel 1993, attualmente facenti parte, la prima, dell’area aeroportuale, la seconda, di una porzione di territorio ricadente sotto l’amministrazione del Comune di Fiumicino.
[21] Occorre tener presente che in molti casi questi fossi attualmente costituiscono parte della rete fognaria della città e anche per questo motivo non sono più a cielo aperto.
[22] Cfr. quanto stabilito nella delibera straordinaria del 1 luglio 1887, 5, dove «si propone di dare alla zona sinistra [cioè a sinistra di Villa Albani] i nomi dei fiumi».
[23] In particolare può richiamarsi uno stralcio dalla delibera n. 20 del 20 agosto 1921, 105, la quale, uniformando il criterio adottato dalla delibera del 1 luglio 1887 sopra richiamata, così statuisce: «[s]i dispone che alle tre strade che saranno aperte nel quartiere in costruzione per conto della Società cooperativa edile “La Moderna” presso le vie Po ed Arno, siano dati rispettivamente i nomi di Via Dora, Via Brenta Piazza Mincio».
[24] Stralcio che può leggersi ivi, 106, corsivo mio.
[25] Cfr. la delibera del Consiglio comunale n. 4738 del 18 dicembre 1984, 3, con cui si assegnavano tali nomi di fiumi ma anche di altri aspetti rilevanti per il mondo cinese, per cui abbiamo via della Grande Muraglia, via della Seta, via del Bambù, via Tempio del Cielo ecc.
[26] Rendina 1987 (2), 15.
[27] Cfr. la delibera del Comune di Roma n. 1074 del 21 novembre 1950, 14.
[28] Cfr. la delibera comunale n. 6418, del 28 agosto 1968, 2, con cui è stata istituita la strada.
[29] Rendina 1987 (2), 11.
[30] Rendina 1987 (2), 16.
[31] Cfr. le informazioni al sito ‹https://www.comune.roma.it/servizi/SITOWPS/dettaglioAreaCircolazione.do?codiceVia=5565› 4.11.2021.
[32] Cfr. la delibera comunale n. 3564 del 22 ottobre 1968, 4.
[33] Informazioni al sito ‹https://www.comune.roma.it/servizi/SITOWPS/dettaglioAreaCircolazione.do?codiceVia=11699› 4.11.2021.
[34] Cfr. la delibera comunale n. 380 del 19 maggio 1960, 2.
[35] Cfr. la delibera comunale n. 1558 del 15 luglio 1965, 3.
[36] Cfr. la delibera comunale n. 783 del 12 marzo 1958, 2.
[37] Cfr. rispettivamente la delibera comunale n. 2250, ratificata con delibera n. 1077 del 20 luglio-1 agosto 1956 e la delibera comunale n. 770 del 24 luglio 1950, 4.
[38] Cfr. la delibera comunale n. 1379 del 20 luglio 1972, 3.
[39] Cfr. la delibera comunale n. 6350 del 30 agosto 1977, 2.
[40] Cfr. la delibera comunale n. 104 del 19 luglio 1961, 2.
[41] Cfr. la delibera comunale n. 835 del 16 marzo 1982, 3.
[42] Cfr. la delibera comunale n. 3164 del 7 maggio 1981, 4.
[43] Per quanto riguarda la prima strada cfr. la delibera comunale n. 717 del 16 dicembre 1970, 2; per la seconda v. la delibera comunale n. 5137 del 5 giugno 1985, 2; per via Acquappesa cfr. la delibera n. 180 del 18 aprile 1986, 3.
[44] Per l’istituzione di entrambe le strade cfr. la delibera n. 401 del 31 gennaio 1984, 3.
[45] Per queste due ultime strade vedasi la delibera comunale di istituzione n. 194 del 5 febbraio 1974, rispettivamente 2 e 3.
[46] Cfr. la delibera comunale n. 4666 del 12 luglio 1983, 4.
[47] Cfr. la delibera comunale n. 6242 del 3 agosto 1982, 6.
[48] Attualmente abbiamo: Lungotevere dell’Acqua Acetosa; Parco della Fontana dell’Acqua Acetosa; Piazzale dell’Acqua Acetosa; Piazzale Stazione dell’Acqua Acetosa; Via del Fosso di Acqua Acetosa Ostiense; Via della Fonte dell’Acqua Acetosa; Via di Acqua Acetosa Anagnina; Via di Acqua Acetosa Ostiense; Via di Acqua Acetosa Anagnina (per le varie denominazioni e la documentazione amministrativa riguardante l’istituzione e le variazioni di questi toponimi vedasi il sito del Comune di Roma alla pagina ‹https://www.comune.roma.it/servizi/SITOWPS/pagerAction.do?method=previusPage&pagerName=listaAdc&forward=pager_listaAdc› 31.10.2021).
[49] Sui toponimi scomparsi comunque riferiti all’Acqua Acetosa vedasi Rendina 1987 (2), 9.
[50] Su questo punto specifico della celebrità dell’acqua acetosa vedasi anche infra nel testo.
[51] Tant’è che nelle vicinanze esiste anche un “Centro Sportivo dell’Acqua Acetosa”.
[52] Informazioni tratte dal dépliant divulgato a cura di ACEA (l’azienda romana di somministrazione dell’acqua potabile) in occasione del completamento dei restauri della fontana e dell’apertura del Parco ad essa contiguo, scaricabile al sito ‹https://web.archive.org/web/20160414164016/http://www.acea.it/media.aspx/opuscolo_parco_della_fontana_acqua_acetosa?lang=it› 1.11.2021.
[53] Nella traduzione di Rendina: «[r]isana i reni, lo stomaco, la milza e il fegato. Quest’acqua salubre giova a mille mali» (in Rendina 1987 (2), 9).
[54] Come si legge in Rendina, loc. ult. cit., ibidem.
[55] Cfr. Touring Club Italiano 2007, 754.
[56] Cfr. Rendina 1987 (2), 9-10.
[57] Sulla targa può infatti leggersi «Ludwig Bayerns Kronprinz lies diese Bänke und Bäume setzen, 1821».
[58] Cfr. Rendina, 1987 (2), 9.
[59] Curò per esempio l’edizione italiana della Monadologia di Leibniz che uscì per i tipi Bencini a Firenze nel 1856.
[60] Nella più corposa produzione di Marianna Florenzi, sposata Waddington in seconde nozze, spicca per ampiezza la raccolta Saggi di psicologia e di logica , Le Monnier, Firenze 1864.
[61] Cfr. l’elenco in nota 48.
[62] Come si legge nella relativa pagina web del sito, peraltro spesso non attendibile, di Wikipedia: ‹https://it.wikipedia.org/wiki/Fontana_dell%27Acqua_Acetosa› 2.11.2021.
[63] Cfr. il resoconto sulla necropoli rinvenuta lungo il Fosso dell’Acqua Acetosa in Buccellato 2011.
[64] Così si legge nel resoconto di Nibby 1837, 4 ss.
[65] V. la nota a cura del Comune di Roma sulla contigua località Ferratella, il cui nome anche è legato al carattere ferruginoso di quest’acqua (informazioni disponibili al sito ‹https://www.comune.roma.it/web-resources/cms/documents/Ferratella.pdf› 31.10.2021).
[66] Ben più lungo il tracciato stradale intitolato al medesimo Fosso dell’Acqua Mariana situato nel territorio dipendente dal contiguo Comune di Ciampino; ciò dipende naturalmente dalle vicissitudini amministrative di questa parte del territorio della provincia romana.
[67] Cfr. quanto può leggersi al sito del Comune di Roma ‹https://www.comune.roma.it/servizi/SITOWPS/dettaglioAreaCircolazione.do?codiceVia=4326› 4.11.2021.
[68] Istituita con delibera comunale del 21 luglio 1920, 12.
[69] Sull’origine del nome “bullicante” vedasi Rendina 1987 (2), 10-11.
[70] Sono debitrice a Giampiero Lintozzi delle informazioni sul Lago in questione.
[71] Foto gentilmente concessami dall’autore, Giampiero Lintozzi.
[72] Informazioni in Touring Club Italiano 2007, 701.
[73] Completata nel 52 d.C., v. Touring Club Italiano 2007, 701.
[74] Informazioni dettagliate sul percorso dell’Acqua Felice possono leggersi al sito ‹http://www.bandb-rome.it/roma_acquedotti_dei_papi.html› 3.11.2021.
[75] Informazioni in Touring Club Italiano 2007, 732 e al sito ‹www.aletes.it/mostra-dellacqua-felice-villa-borghese/› 4.11.2021.
[76] Rendina 1987 (2), 11.
[77] Le informazioni sull’Acqua Marcia sono tratte dal sito ‹http://www.bandb-rome.it/roma_acquedotti_romani_mappa_google.html› 3.11.2021.
[78] Rendina 1987 (2), 14.
[79] Informazioni in Rendina 1987 (2), 15, che le trae evidentemente da Nibby 1837, I, 8-9, il quale tuttavia avanza l’ipotesi che la fonte fosse nota già in età romana per via della presenza di alcuni resti musivi antichi poco lontano dal luogo in cui quest’acqua sgorga (loc. ult. cit., 9).
[80] Cfr. le informazioni riportate al sito ‹http://www.bandb-rome.it/roma_acquedotti_dei_papi.html›.
[81] Cfr. Touring Club Italiano 2007, 324.
[82] Cfr. Nibby 1837, III, 466 ss.
[83] Così Plinio il Vecchio secondo quanto ricordato da Nibby 1837, III, 468.
[84] Cfr. Touring Club Italiano 2007, 365-366.
[85] Cfr. il lemma salvia in Ottorino Pianigiani, Vocabolario etimologico della lingua italiana , dizionario digitalizzato al sito ‹www.etimo.it› 4.11.2021.
[86] Cfr. Nibby 1837, III, 269.
[87] Loc. ult. cit., 270.
[88] Loc. ult. cit., 271.
[89] Nibby 1837, I, 7-8.
[90] Secondo quanto riportato in Rendina 1987 (2), 16.
[91] V. il dettagliato resoconto che ne fa Nibby citando le rilevanti fonti storiche antiche in Nibby 1837, I, 10-15.
[92] Cfr. quanto riportato al sito ‹https://www.comune.roma.it/servizi/SITOWPS/dettaglioAreaCircolazione.do?codiceVia=88› 4.11.2021.
[93] Cfr. la delibera n. 315 del 14 ottobre 2009, e l’esplicazione non deliberata come indicata al sito del comune ‹https://www.comune.roma.it/servizi/SITOWPS/dettaglioAreaCircolazione.do?codiceVia=17254› 4.11.2021.
[94] V. la spiegazione in ‹https://www.comune.roma.it/servizi/SITOWPS/dettaglioAreaCircolazione.do?codiceVia=5897› 4.11.2021.
[95] Non considero qui la pur esistente via degli Idrocarburi perché nonostante la presenza della radice della parola greca accennata, il termine rievoca qualcosa che, per il suo impatto inquinante sembra proprio all’opposto della forza vitale e salubre dell’acqua: forse non per nulla questa strada è situata fra via di Malagrotta, ex-sede della immensa, maleodorante discarica della città, e via degli Oleodotti.
[96] Cfr. ‹https://www.comune.roma.it/servizi/SITOWPS/dettaglioAreaCircolazione.do?codiceVia=6999› 11.11.2021. Colgo l’occasione di questa citazione per far osservare il destino delle acque eponime romane: alcune pur molto antiche, come quest’acqua Julia, sono del tutto scomparse dalle targhe viarie mentre altre ancora resistono, anche se non più fisicamente visibili né individuabili, e i nomi delle strade aiutano a serbarne la memoria.
[97] Dati al sito dell’ACEA ‹https://www.gruppo.acea.it/storie/sostenibilita-territorio/raddoppio-acquedotto-peschiera-capore› 11.11.2021.
[98] Cfr. la delibera comunale n. 1100 dell’11 aprile 1962.
[99] Via dell’Almone è stata istituita con delibera comunale del 21 luglio 1920, 13.
[100] Benché, occorre ricordarlo, rispetto ai grandi fiumi che attraversano altre capitali europee, il Tevere possa apparire poco più che un fiumiciattolo.
[101] V. il lemma ὑγρὸς in Liddell & Scott 1996, 1843.
[102] Ancora nel testo (più tardo rispetto al periodo in cui scrisse Talete) attribuito a Ippocrate e attualmente tradotto in italiano con il titolo Arie acque luoghi, si legge che «in ogni cosa v’è dell’umidità», e ciò a riprova di quanto i Greci avessero ben presente il carattere pervasivo dell’acqua (Ippocrate 1990, 91).
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- Giuliana Scotto (Author), 2024, Il riferimento all'acqua nella toponomastica viaria della città di Roma, Munich, GRIN Verlag, https://www.hausarbeiten.de/document/1485133